Fare il primo viaggio in
aereo non è così facile. La prima volta che presi l'aereo, percorsi
l'ultimo corridoio dell'aeroporto di Bari come se fosse “Il miglio
verde”. Così, per dare una mano ai neofiti di questo mezzo di
trasporto, cercherò, in poche righe, di esorcizzare le vostre paure
(o di farvi passare totalmente la voglia di prendere l'aereo).
L'aeroporto non è
affascinante e romantico come una stazione, ma si può comunque
trovare qualche spunto interessante. Ad esempio, guardando l'enorme
campionario di etnie umane che vi si ritrovano: ci sono gli inglesi
con i loro pantaloncini corti sbiaditi, maglietta lisa e volti
emaciati. Africani con improbabili vestiti tradizionali che sembrano
il pigiama del nonno. Cinesi con la maglietta “Parigi” comprata a
Roma. Donne arabe tutte allegramente bardate di nero da capo a piedi.
Gruppi di Napoletani che indossano strati di vestiti perché la loro
valigia superava di molto il peso consentito. Frotte di ragazze
giapponesi vestite come le protagoniste dei manga. Russi che litigano
con il doganiere. Classici sudamericani con la panza e il baffone che
parlano velocissimo. Suore italiane che superano tutti alla fila per
il check in perché “Abbiamo urgenza perché siamo in missione e
abbiamo chiesto il permesso”, salvo poi trovarle comodamente sedute
a un tavolino di un bar a ingurgitare pizza, facendo strozzare in
gola un pesante insulto anche al più bigotto.
E proprio al check-in,
dopo una noiosa fila, metti la valigia sul nastro trasportatore che
fa anche da bilancia. Il terrore che la valigia ecceda il peso è
costante e fondato. In quei secondi che utilizzi per sollevare il
bagaglio e poggiarlo sul nastro, ti passano davanti agli occhi tutti
i momenti in cui hai preparato la valigia: “forse potevo evitare di
portare due chili di caciocavallo per zia Filomena” pensi. Una
goccia di sudore freddo ti solca la fronte. Fissi il display che darà
il verdetto irrevocabile: 22,8 chili su 23 concessi. In quel momento
ti senti più leggero di quando hai firmato il registro dopo l'esame
di Biochimica. Saluti la valigia temendo di non rivederla mai più,
soprattutto se il volo comprende uno scalo, e ti allontani passando
fra gruppi di Napoletani costretti ad indossare una marea di vestiti
in piena estate per cercare di alleggerire di qualche chilo i loro
bagagli.
E così giungi al temuto
metal detector. Poco prima di fare la fila bevi controvoglia tutte le
tue provviste d'acqua che ti eri portato per il viaggio in treno.
Passato il controllo dovrai subito fiondarti in un bagno, e poi
acquistare al triplo una bottiglietta d'acqua al bar del terminal. In
coda al metal detector metti computer e contenuto delle tasche in
anonime vaschette celesti, mentre ti avvicini titubante verso quello
Stargate che è il metal detector reggendoti i pantaloni con una
mano, visto che hai dovuto togliere anche la cinta, mentre una
poliziotta ti guarda annoiata perché ha appena finito di perquisire
una decina di arabe in burqa che facevano puntualmente scattare
l'allarme.
Dopo di che avanti col
controllo passaporti, dove il poliziotto, in stille 883, “ti
chiede: man, dove vai?”, ritenendo strano che tu voglia recarti a
Iasi.
Ora manca più di un'ora
di tempo all'imbarco. Ma si, andiamo a vedere questi famosi negozi
duty free. Non so se le sigarette costano davvero meno perché non
conosco i prezzi normali, ma tutte le altre cose costano un casino di
più che in un normalissimo negozio in città. Un chilo di pasta 16
euro, e non vi dico la cioccolata. Duty free un cazzo!
Ormai manca poco
all'imbarco. La hostess apre il gate. Tutti quanti si fiondano a fare
la fila nemmeno come se distribuissero oro gratis, salvo poi
aspettare in piedi e al freddo nella navetta che li porterà
all'aereo, mentre tu rimani comodamente seduto in aeroporto
imbarcandoti per ultimo.
Sali sull'aereo, proprio
davanti a te c'è l'impedito che non riesce a ficcare il bagaglio a
mano nel portabagagli. Finalmente ti siedi e noti che i tuoi vicini
sono tutti per lo più giovani dall'apparenza rilassata. E in effetti
è solo in apparenza. Le prime avvisaglie si hanno mentre una hostess
ripete le procedure di emergenza, quando il tuo vicino controlla dove
è situato il sacchetto per vomitare. Poi finalmente l'aereo inizia a
muoversi lentamente per guadagnare la pista di partenza che non
arriva mai, tant'è che inizi a pensare che in realtà non decollerà
mai e presto imboccherà l'autostrada per portarti a destinazione via
terra. Poi, quando ormai ti stai per addormentare, ecco un rombo di
motori, il tuo vicino stringe i pugni, si sente un urlo isterico di
una ragazza, quello davanti a te firma il testamento. Vai col
decollo, ti si chiudono le orecchie mentre guardi la città diventare
sempre più piccola. I tuoi vicini ora sono di nuovo rilassati. È
ora del pasto, quelli che hanno più paura si fingono esperti e
prendono del vino, sperando che il cervello sia abbastanza annebbiato
durante l'atterraggio.
Ad un certo punto la
maggior parte delle luci si spengono mentre la hostess invita ad
allacciare le cinture di sicurezza: siamo pronti all'atterraggio! La
tensione è palpabile. Stavolta vedi la città diventare sempre più
grande e non ti giri a guardare chi sta emettendo rantoli di terrore.
L'aereo tocca terra, fa un piccolo sobbalzo e tutti emettono un
gridolino strozzato. Le luci si riaccendono e l'aereo inizia a
camminare sulla pista d'arrivo, mentre la hostess annuncia la
temperatura esterna e invita a tenere allacciate le cinture fino a
che l'aereo non si sia fermato del tutto. Nessuno lo farà. Se i
passeggeri sono a maggioranza italiana, si sentirà un fragoroso
applauso di sollievo.
A questo punto inizia il
tutti contro tutti. I passeggeri si guardano l'un l'altro con aria di
sfida: il primo che slaccerà la cintura darà il segnale per
scatenare l'infermo. Non appena si sente il primo “click” di una
cintura slacciata, inizia la ressa per prendere il bagaglio a mano e
fiondarsi nello stretto corridoio menando spallate a chi si sta
alzando dal sedile per raggiungere quanto prima l'uscita, in modo da
guadagnare posizioni per il controllo passaporti. Esci dall'aereo
biascicando male un saluto alla hostess nella sua lingua e ti fiondi
correndo verso il controllo passaporti, superando frotte di
passeggeri che scendono dal tuo e da altri aerei. Un poliziotto
annoiato ti dà una rapida occhiata confrontando la tua faccia ancora
sconvolta e sudata per la corsa con la foto sul passaporto dove
sembri un ergastolano della Caienna.
Siamo all'ultimo step:
ritirare il bagaglio da stiva. Ti avvicini al nastro trasportatore
infilandoti a gomitate fra due reticenti turisti americani ciccioni.
Tutti gli occhi sono puntati sulla tendina di plastica nera da dove
usciranno i bagagli. La tensione è alle stelle. Sembra che quella
tendina stia per partorire tuo figlio, invece ti consegnerà solo una
valigia contenente una marea di vestiti di cui userai solo meno della
metà. Iniziano a uscire le prime valige. Guardi con invidia i
fortunati che abbracciano subito il loro tesoro. Il tempo passa, e
anche le valige. Siete rimasti in pochi ad aspettare. Mentre già
pensi a come fare il reclamo per il bagaglio perduto, ecco che appare
la tua valigia! La afferri in modo deciso e con gli occhi lucidi e ti
dirigi fiero verso l'uscita. Una grande avventura è terminata.
In foto: un magnifico
esemplare di Tarom vola maestoso nei cieli rumeni.