sabato 19 gennaio 2013

Oppa Iasi Style

Mi sono accorto che su questo blog ho scritto, fin ora, solo esperienze e sensazioni personali. Non ho ancora scritto niente che possa essere di pubblico interesse. E infatti ho ricevuto anche dei commenti un po’ critici in merito:

“Mi consenta, sono entrato in questo blog credendo di trovare un po’ di figa rumena per le mie cene eleganti, ma non c’è nemmeno la foto di un mezzo culo. Che blog inutile, cribbio!” Silvio Berlusconi
 “Questo blog fa talmente pena che la fame mi è passata anche se non mangio da una settimana.” Marco Pannella
“Ma che ci azzecca la storia di capodanno con l’erasmus?” Antonio Di Pietro
 “Che blog infedele! Bruceremo in piazza le bandiere del Foggia!” Mahmud Ahmadinejad
“Mai letta nemmeno una riga. Lo tengo sempre ridotto a icona e lo apro solo quando passa il Cardinal Ruini, per non farmi scoprire da lui mentre guardo i video porno.” Benedetto XVI
“E la cosa piu bela ke o leto.” Francesco Totti
 “Vaffanculo!” Beppe Grillo

E così, per far contenti tutti loro, questa volta vi parlerò di alcuni usi e costumi di Iasi. Innanzitutto non si pronuncia “Iasi” ma “Iasci” o, se proprio volete fare i fighi, “La Yash”.
Uno dei punti di forza di Iaşi sono i negozi Petru dove vendono dei covrigi e altre leccornie. La cosa più bella è andare a prendere un covrig prima di andare in biblioteca. Ma perché il signor Petru non apre delle filiali anche in Italia? Ebbene si, altro che le amiche di Torino, saranno i covrigi che mi mancheranno tanto una volta tornato a Foggia!
Se invece avete voglia di una pizza…beh, le pizzerie non mancano. Solo che la qualità della pizza non è proprio eccelsa e poi, anche se è scritto che la pizza è con salsa di pomodoro, ti portano una pizza bianca e un piccolo recipiente con una specie di ketchup che devi mettere tu sulla pizza. Inoltre nelle pizzerie, ma anche in qualsiasi altro ristorante, c’è il terribile “cameriere mescente”. Costui ti porta l’acqua in una bottiglietta, la apre, e ne versa una metà nel bicchiere. Appena il livello dell’acqua scende sotto la metà bicchiere, lui si precipita e ti versa l’altra acqua. Tu vorresti dire “Me la verso da solo!” (citazione che solo pochissimi capiranno) ma niente, lui ti verserà tutta l’acqua fino all’ultima goccia anche se stavi andando via e volevi portare l’acqua con te.
A proposito di locali, segnaliamo i negozi di alimentari non stop, imperterritamente aperti 24 ore su 24, qualsiasi giorno e in qualsiasi condizione storico-metereologica. Non chiuderebbero nemmeno se tornasse lo zombie di Ceausescu o se Adrian Mutu vincesse il pallone d’oro. Anche la celebre copisteria “PIM” fa orario non stop. Non ci crederete, ma è così comodo andare a farsi stampare delle slide alle due di notte dopo essere uscito con gli amici!
E ora passiamo alla viabilità. Sport nazionale di Iaşi è il sorpasso a destra. Dovrebbero istituire il gran premio di Copou. Per arginare il fenomeno, sono stati installati dei felicissimi semafori col conto alla rovescia che, più che altro, fanno da deterrente all’attraversamento pedonale. Infatti, se attraversi una strada quando il semaforo segna solo altri 3 secondi di verde e non sei Usain Bolt, ti ritroverai al centro della strada con le macchine che se ne strafregano di te e iniziano a sibilarti accanto mentre tu li bestemmi contro. Sempre riguardo la viabilità, ricordiamo i 1800 taxi che ci sono in città, che formano file lunghissime il weekend davanti alle discoteche, e che cazzo non ce n’era uno libero quando dovevo prenderne uno per andare all’aeroporto, e telefona e telefona ma tutti i numeri dei taxi erano occupati! (Ma questa è un’altra storia).
Un’altra simpatica caratteristica degli abitanti di Iasi è il farsi migliaia di segni della croce al giorno. I più, quando passano nei pressi di una chiesa, si fanno almeno tre segni della croce, ma spesso adottano il detto latino “melius abundare” e vanno giù pesanti con altri segni della croce. Ma le migliori sono state due giovani donne che, anche se non c’erano chiese nei paraggi, si sono fatte parecchi segni della croce, una passando davanti a un negozio di vestiti, l’altra davanti a una banca. Vabbè, coi tempi che corrono, prima di chiedere un mutuo, la prima cosa da fare è rivolgersi alla grazia divina!
Concludo questa mia rassegna con l’enorme stormo di corvi che, ogni giorno verso le 17, si libra nel cielo proprio davanti alla mia finestra come i famosi “stormi d’uccelli neri”, esuli pensieri di Carducciana memoria.

Nelle foto: il saporitissimo covriking e alcune “gipsy” con i loro abiti tipici. (No, anche se indossano quei vestiti fosforescenti non sono delle operaie della Società Autostrade).


martedì 15 gennaio 2013

La magia della radio

Qualche mese fa avevo fatto vedere il video del nuovo inno del Foggia Calcio, magistralmente realizzato dai celeberrimi Tavola 28, gruppo rap foggiano, a una mia amica torinese di erasmus. Tralascio i commenti sulla qualità del video e della canzone (mi reputo un nostalgico del vecchio inno di Marsico).

Sabato sera ero proprio con questa ragazza per una buona cena a base di cuscus. Accendiamo la radio su una stazione locale di Firenze, dove la dj, un’amica della mia amica, annuncia che la serata sarebbe stata dedicata interamente alla musica rap. Così scriviamo sulla pagina facebook di questa radio un saluto e un invito a trasmettere i grandi Tavola 28. E dopo un po’ di rap americano, arriva IL momento! La dj annuncia: “E ora un grande saluto alla nostra amica in erasmus in Romania che ci segue sempre e che ora ci consiglia di mettere un pezzo dei Tavola 28. Ma chi sono questi Tavola 28? Sono rumeni?”. E qui l’apoteosi: un altro dj, fiorentino, prende la parola: “No, sono foggiani”. “E tu come lo fai a sapere?”. “Sono originario di Foggia”. “Ah, non lo sapevo. Allora sì fugg’n!” La dj conclude dicendo che la serata è dedicata solo al rap estero, ma che non esiterà, dopo averli prima ascoltati, a trasmettere i Tavola 28 in una prossima occasione. Non vi dico l’indescrivibile gioia che io e la mia amica abbiamo provato!

Una serata trionfale ci voleva dopo quello che ci era capitato la sera prima. Dopo cena, sempre con questa mia compagna di avventure, avevamo deciso di raggiungere altri erasmus in un locale dove non eravamo mai andati, il “My way”, in cui si teneva un concerto. Vi ricordo che di questi tempi, a Iasi, la temperatura nelle ore notturne scende molto al di sotto dello zero. Arriviamo senza problemi nel luogo dove su internet era scritto l’indirizzo del locale: una lunghissima strada deserta e innevata. Iniziamo a fare su e giù per questa strada, cercando invano il numero civico, ma niente. Chiediamo informazioni a due tennisti che passavano di lì per caso (si, erano proprio due tennisti) che ci indicano però un altro locale, il “My day”. Poco dopo incontriamo un amico rumeno che si aggrega alla nostra caccia al tesoro. Percorriamo su e giù questo stradone più volte, mi prendo spaventi perché, dietro i cancelli, ci sono cani da guardia nascosti che abbaiano contro appena ci passi vicino. Chiediamo ai pochi passanti, ma nessuno conosce questo locale. Così, dopo più di due ore di giri in mezzo alla neve, finalmente incontriamo gli altri due erasmus, un tedesco e una francese, che intanto erano usciti dal fantomatico “My way” e andiamo in un pub. Qui giochiamo a indovinare i nomi di personaggi famosi scritti su un foglietto di carta attaccato in fronte. Perdo miseramente non riuscendo a indovinare il non difficilissimo Jack Sparrow.  Poi, quando ci alziamo, faccio testa contro testa col ragazzo tedesco e crolliamo sul tavolo fra le risate nostre e degli astanti.
 Mai immaginavamo che, dopo nemmeno 24 ore, avremmo avuto il nostro radiofonico momento di gloria. Un avvenimento che ricorderemo sempre con affetto e nostalgia e che, un giorno, racconteremo ai nostri eventuali nipoti: quando Firenze, Iasi, Torino e Foggia furono legate, per qualche minuto, grazie ai Tavola 28.

Nella foto: i Tavola 28 con un tizio che non so chi sia.
Nel video: una bella canzone di Eugenio Finardi sulla magia della radio. 





martedì 1 gennaio 2013

Per un anno di ordinaria violenza

Tanta gente pensa: “Chissà quale sarà la prima cosa rilevante che farò nel nuovo anno, il primo aneddoto importante del 2013 che poi verrà sempre raccontato e ricordato.”
Per molti, questo avvenimento deve ancora concretizzarsi. A me, invece, è già accaduto un paio d’ore dopo la fatidica mezzanotte. Ma andiamo con ordine.
Sono tornato dieci giorni fa dalla Romania e nemmeno il tempo di salutare tutti che già dovrò ripartire. Al mio arrivo a Foggia mi hanno accolto festosi gli amici sotto casa “armati” di cannoni spara coriandoli. Poi ho partecipato a feste e incontri dove ho narrato le mie mirabolanti avventure oltre i Carpazi, e alla fine è arrivata la notte di San Silvestro.
Quest’anno siamo andati nella casa di campagna di un nostro amico. Un’atmosfera idilliaca e oserei dire bucolica fra un bel cielo stellato con la luna piena, un caldo fuoco ardente, e un antico silenzio di tanto in tanto rotto dal verso di qualche animale da fattoria o da un uccello notturno. Niente lasciava presagire che questo sarebbe diventato l’anno all’insegna della violenza. Infatti l’antico adagio recita: chi X a capodanno, X tutto l’anno. Dove X = predicato verbale. Ergo, un gesto violento a capodanno porta a un intero anno in stile Arancia Meccanica. Ed ecco il punto incriminato. La maggior parte degli amici era ad arrostire la carne in cortile. Nella stanza al secondo piano dove festeggiavamo eravamo rimasti solo in quattro: oltre al sottoscritto c’erano il filosofo, l’amica che conosco dai tempi dell’asilo e la ragazza più diabolica di tutta la facoltà di Medicina. A un certo momento si aggiunge alla chiacchierata anche un’enorme falena che inizia a ronzare intorno alla lampadina, proprio sopra la mia testa. Io mantengo il mio caratteristico aplomb inglese, mentre l’amica diabolica incita animosamente a prendere un’iniziativa. L’altra ragazza apre la porta, ma la falena non se ne accorge nemmeno. Così, come Stefan cel Mare nella battaglia di Vaslui, passo al contrattacco: prendo un vassoio e inizio ad agitarlo molto lentamente e in modo quasi impercettibile vicino a questo mostro alato, fra lo sgomento dei miei amici che volevano un’azione più risoluta. Ma, come insegna proprio Stefan cel Mare, bisogna aspettare il momento giusto per sferrare l’attacco decisivo, e così, appena la falena si allontana un po’ da vicino la lampadina, le sferro una vassoiata in testa, si ode un rumore sordo e il fastidioso lepidottero scompare. La cerchiamo, ma niente. Così decidiamo di pulire il tavolo e, mentre l’amica diabolica toglie i piatti (per fortuna di plastica) lancia un urlo e tutti i piatti all’aria. La falena era lì, stecchita, nel tappo della maionese.
Quando poco dopo scendiamo al piano di sotto, i tre testimoni iniziano a raccontare questo fatto a tutti. E allora, se il mio primo atto del 2013 è stato di tale brutalità, chissà quanta altra violenza ci sarà nei prossimi 364 giorni. Abitanti di Iasi vi avverto: fra una settimana tornerà il vostro incubo peggiore!