venerdì 21 settembre 2012
sabato 8 settembre 2012
Foggia, se questa è una città
Mancano solo due settimane alla partenza per la
Romania, e in questi giorni viene già un po’ di malinconia, di nostalgia per le
cose che devo lasciare. Lascerò ottimi amici, lascerò un’università che mi ha
dato poche emozioni, lascerò il reparto di psichiatria (da studente, non da
paziente!) dove, molto spesso, la compassione si mescola con l’ilarità e la
disperazione.
Ma, come dice il titolo, voglio parlare della mia
Foggia. Come tutte le altre città, ci sono persone educate, brave, oneste, che
si fermano se devi attraversare la strada sulle strisce. Però, purtroppo, il
numero di persone di questa categoria è inferiore alle altre due: i grezzi medi
e i zannir.
I grezzi medi sono la maggior parte dei Foggiani:
sono tutti quelli che non raggiungono la perfezione dello zannir. Il grezzo
medio non si rende conto di essere grezzo, però ha alcuni atteggiamenti che lo
fanno scadere, come la tipica indolenza che contraddistingue la maggior parte
di noi Foggiani e il fatto che sappiamo solo lamentarci col potente di turno senza
però prendere iniziative o tantomeno dare un suggerimento.
Ma il fiore all’occhiello in negativo è lo zannir. L’esemplare
maschio lo si riconosce dall’improbabile taglio di capelli, spesso alla
moicana, orecchino, sopracciglio tagliato in due o tre parti, tuta della Legea,
scorazza per la città in due su un motorino rosa, senza casco, facendo su e giù
per la piazzetta il sabato sera rischiando di investire un passante ogni
secondo mentre canta una canzone napoletana. L’atto estremo dello zannir è
impiantare dei neon sotto le portiere della propria auto, e andare in giro con
musica napoletana o house a palla, a regalare pesanti complimenti alle ragazze
che passano. Rissoso, violento, stupidissimo, vigliacco e viscido, se ha particolare
“talento” può fare il definitivo salto di qualità ed essere affiliato a una
delle tante famiglie della mafia Foggiana che appestano ancora di più il
territorio con rapine, estorsioni e molti omicidi.
La zannir, l’esemplare femmina, si divide in due
categorie: la magra e l’obesa. La magra ha la peculiarità “dell’acqua negli
occhi”: uno sguardo totalmente vuoto, vacuo, inespressivo che è lo specchio di
una personalità debolissima il cui unico scopo nella vita è compiacere il
fidanzato o marito zannir che spesso la maltratta o la picchia. E più viene
maltrattata, più diventa dipendente dal partner. Ascolta in casa solo musica
napoletana e sta sempre attaccata alla televisione. Non ha mai finito la scuola
dell’obbligo e in pubblico non parla quasi mai, facendosi però notare per il
suo abbigliamento molto discinto (o da zoccola).
La zannir obesa ha una personalità molto più forte
della magra. Probabilmente perché, da ragazzine, i zannir maschi avevano occhi
solo per le magre, e allora, per farsi notare, non potendo usare l’arma del
fisico, ha sviluppato una personalità ancora più grezza dello zannir. Sguaiata
all’ennesima potenza, esce in gruppo con amiche anche loro zannir obese,
cantando a squarciagola canzoni napoletane e sfottendo i ragazzi che passano. Alle
feste patronali se ne ritrovano a frotte vicino alle bancarelle che vendono
lupini, frutta secca, dolciumi, panino con la porchetta o le immancabili
pannocchie (i p’langhir in dialetto).
E a proposito di feste patronali, da qualche anno,
specialmente nel mio martoriato quartiere, hanno inventato le feste cittadine.
Proprio ieri ne stava una: palco piazzato al centro dell’incrocio,
presentatrice tutta pittata con minigonna inguinale e orecchini così grandi che
sembravano gli anelli di Jury Chechi. Di fronte al palco un tipo anziano
vestito con una maglietta intima bianca vendeva lupini, altre sementi e
dolcetti all’affamato pubblico composto da zannir nella parte sotto al palco e
da grezzi medi nelle parti più periferiche. I cantanti erano quasi tutti
napoletani. L’ultimo è stato la ciliegina sulla torta. A mezzanotte ha cantato
una canzone che esaltava le gesta dei delinquenti e compativa i carcerati, e
poi ha detto: “Voglio dedicare quest’ultima canzone a tutti quelli che hanno
perso la libertà. Che dite, ce lo vogliamo fare un applauso?” E tutto il
pubblico zannir è esploso in un’ovazione a favore dei carcerati. Quando, a
pochi metri di distanza, qualche anno fa fu ucciso a colpi di kalashnikov un
innocente pensionato, Matteo Di Candia, che stava festeggiando il suo
onomastico a un bar dove, a un altro tavolino erano seduti tre boss mafiosi,
vero obiettivo dei killer. Per lui e per tutti gli altri innocenti che
subiscono la prepotenza della mafia e il menefreghismo delle istituzioni, non c’è
mai stato nessun applauso.
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