sabato 8 settembre 2012

Foggia, se questa è una città



Mancano solo due settimane alla partenza per la Romania, e in questi giorni viene già un po’ di malinconia, di nostalgia per le cose che devo lasciare. Lascerò ottimi amici, lascerò un’università che mi ha dato poche emozioni, lascerò il reparto di psichiatria (da studente, non da paziente!) dove, molto spesso, la compassione si mescola con l’ilarità e la disperazione.

Ma, come dice il titolo, voglio parlare della mia Foggia. Come tutte le altre città, ci sono persone educate, brave, oneste, che si fermano se devi attraversare la strada sulle strisce. Però, purtroppo, il numero di persone di questa categoria è inferiore alle altre due: i grezzi medi e i zannir.

I grezzi medi sono la maggior parte dei Foggiani: sono tutti quelli che non raggiungono la perfezione dello zannir. Il grezzo medio non si rende conto di essere grezzo, però ha alcuni atteggiamenti che lo fanno scadere, come la tipica indolenza che contraddistingue la maggior parte di noi Foggiani e il fatto che sappiamo solo lamentarci col potente di turno senza però prendere iniziative o tantomeno dare un suggerimento.

Ma il fiore all’occhiello in negativo è lo zannir. L’esemplare maschio lo si riconosce dall’improbabile taglio di capelli, spesso alla moicana, orecchino, sopracciglio tagliato in due o tre parti, tuta della Legea, scorazza per la città in due su un motorino rosa, senza casco, facendo su e giù per la piazzetta il sabato sera rischiando di investire un passante ogni secondo mentre canta una canzone napoletana. L’atto estremo dello zannir è impiantare dei neon sotto le portiere della propria auto, e andare in giro con musica napoletana o house a palla, a regalare pesanti complimenti alle ragazze che passano. Rissoso, violento, stupidissimo, vigliacco e viscido, se ha particolare “talento” può fare il definitivo salto di qualità ed essere affiliato a una delle tante famiglie della mafia Foggiana che appestano ancora di più il territorio con rapine, estorsioni e molti omicidi.

La zannir, l’esemplare femmina, si divide in due categorie: la magra e l’obesa. La magra ha la peculiarità “dell’acqua negli occhi”: uno sguardo totalmente vuoto, vacuo, inespressivo che è lo specchio di una personalità debolissima il cui unico scopo nella vita è compiacere il fidanzato o marito zannir che spesso la maltratta o la picchia. E più viene maltrattata, più diventa dipendente dal partner. Ascolta in casa solo musica napoletana e sta sempre attaccata alla televisione. Non ha mai finito la scuola dell’obbligo e in pubblico non parla quasi mai, facendosi però notare per il suo abbigliamento molto discinto (o da zoccola).
La zannir obesa ha una personalità molto più forte della magra. Probabilmente perché, da ragazzine, i zannir maschi avevano occhi solo per le magre, e allora, per farsi notare, non potendo usare l’arma del fisico, ha sviluppato una personalità ancora più grezza dello zannir. Sguaiata all’ennesima potenza, esce in gruppo con amiche anche loro zannir obese, cantando a squarciagola canzoni napoletane e sfottendo i ragazzi che passano. Alle feste patronali se ne ritrovano a frotte vicino alle bancarelle che vendono lupini, frutta secca, dolciumi, panino con la porchetta o le immancabili pannocchie (i p’langhir in dialetto).

E a proposito di feste patronali, da qualche anno, specialmente nel mio martoriato quartiere, hanno inventato le feste cittadine. Proprio ieri ne stava una: palco piazzato al centro dell’incrocio, presentatrice tutta pittata con minigonna inguinale e orecchini così grandi che sembravano gli anelli di Jury Chechi. Di fronte al palco un tipo anziano vestito con una maglietta intima bianca vendeva lupini, altre sementi e dolcetti all’affamato pubblico composto da zannir nella parte sotto al palco e da grezzi medi nelle parti più periferiche. I cantanti erano quasi tutti napoletani. L’ultimo è stato la ciliegina sulla torta. A mezzanotte ha cantato una canzone che esaltava le gesta dei delinquenti e compativa i carcerati, e poi ha detto: “Voglio dedicare quest’ultima canzone a tutti quelli che hanno perso la libertà. Che dite, ce lo vogliamo fare un applauso?” E tutto il pubblico zannir è esploso in un’ovazione a favore dei carcerati. Quando, a pochi metri di distanza, qualche anno fa fu ucciso a colpi di kalashnikov un innocente pensionato, Matteo Di Candia, che stava festeggiando il suo onomastico a un bar dove, a un altro tavolino erano seduti tre boss mafiosi, vero obiettivo dei killer. Per lui e per tutti gli altri innocenti che subiscono la prepotenza della mafia e il menefreghismo delle istituzioni, non c’è mai stato nessun applauso.